Chi si fosse trovato a Pieve Santo Stefano, dopo undici anni
dalla sua nascita, avrebbe visto tutte le sere sull'ora del
tramonto questo giovinetto furbo come una volpe, rapido come un
daino, in mezzo a tanti e tanti ragazzi, ora a proporre un giuoco
ed ora un altro.
Ma il prediletto per lui, era quello Carabineri e
Briganti, giuoco che sogliono fare anche i nostri fanciulli,
nei pubblici giardini.
– Al tocco a chi deve fare il brigante! – gridava
uno.
– Che tocco? il brigante lo fo io – rispondeva subito
Musolino.
– Sempre te, non è giusta.
– Pensatela come volete, ma questa parte non la cedo a
nessuno.
– Spiegaci almeno il perchè.
– Perchè io sono fra tutti voialtri il maggiore e quello di
gamba più lesta.
– Hai più ciarla tu, che un avvocato.
– Avanti, avanti, incominciamo il giuoco! –
Ciò detto, mettevasi ad armacollo un palo che fingeva un fucile,
e quindi correva in cerca di un lontano nascondiglio, là aspettando
che i compagni lo andassero a scovare.
Infatti, poco dopo, quella compagnia di carabinieri in erba,
armati anch'essi di uno schioppo della solita fabbrica d'armi di
Legnano, si metteva subito in marcia.
Gira a destra, gira a sinistra, fiuta di qua, fiuta di là,
finalmente giungevano a scoprirlo.
– Eccolo là! – gridava uno.
– Piglialo! – rispondeva un altro.
Poi tutti insieme:
– Accerchiamolo! –
Al comando imperioso del capitano dei carabinieri, ecco tutti
formare una gran centina e slanciarsi in avanti alla corsa, come
cani da caccia dietro la loro preda.
Ma Musolino, nulla curandosi di tanto movimento, intrepido, li
attendeva a piè fermo.
– Pun-pun! – facevano alcuni con la bocca, spianando i
bastoni e fingendo così di far fuoco.
– Arrenditi! – gridavano altri, già prossimi ad agguantarlo. –
Intanto devi cadere nelle nostre mani – e ciò dicendo, cercavano di
chiudergli il passo.
Ma, vane illusioni! Appena stavano lì per impadronirsene,
Musolino, a questo scivolava di mano come un pesce, a quello
passava d'accanto con una finta o cilecca da farlo cadere, e
apertasi in questo modo una via, correva in cerca di un nuovo e più
sicuro nascondiglio.
Che cosa allora avveniva? Che di fronte a tanta sveltezza e
furberia, quei poveri ragazzi erano spesse volte costretti a darsi
loro per vinti.
Se il caso poi, anche di rado, li favoriva, e riuscivano ad
agguantarlo, era tanta la contentezza che ne provavano, che postolo
in mezzo, legato come un salame, fingevano di condurlo in
prigione.
Cresciuto, a poco a poco, Musolino cessò di essere il più vispo
fra i giovinetti della Pieve e divenne tosto il più fiero e il più
bel giovinotto tra gli uomini del paese.
Di figura slanciata, capello bruno-cresputo, occhi vivaci, naso
ben profilato, mento rotondo, giunse facilmente a guadagnarsi
l'ammirazione e la simpatia, del sesso femminino, alla qual cosa,
molto ci teneva.
Il primo amore di lui fu per una vaga fanciulla di nome Rosalia,
la quale venne costretta ben presto a lasciarlo ed a sposarsi, per
ragioni di convenienza, ad un benestante del popolo di Santa
Eufemia.
Il secondo lo provò per una certa Cata, montanina dei pressi di
Aspromonte, con la quale però dovette amoreggiar di nascosto, non
volendo i di lei genitori che ella prendesse affezione per un
giovane il quale già godeva fama di uomo collerico, arrogante e
manesco.
Gli altri amori, poi, che successero a questi, o furono, come
suol dirsi, capricci del momento, o tresche continuate con donne di
mala vita.
Tra le sue molte favorite si fanno i nomi di una certa Teresa,
di una tal Violante, ed infine di una albanese di nome
Angiolina.