Vita, delitti, arresto e condanna del brigante Musolino

Anonimo


Pubblicato: 1902
Categoria(e): Saggistica, Biografie & Autobiografie

Ai miei lettori

Pieve Santo Stefano è un grazioso paese nel territorio di Aspromonte.

Appartiene alla provincia di Reggio-Calabria, al circondario di Calanna e conta da circa 7000 abitanti, la maggior parte operai e negozianti di carbone.

I suoi contorni sono rallegrati da lunghe siepi d'aranci e da spalliere di bergamotti che profumano l'aria come tanti giardini coltivati a bella posta da agrumi.

Più là spingendosi, si incomincia a salire per montuosi terreni rivestiti di castagni e di faggi. Là si scorgono rocce insormontabili, profondi burroni, catapecchie circondate da folti ginestre e da giuncheti quasi inaccessibili.

Il forestiero che visita quelle località, non può fare a meno di inarcare il ciglio a meraviglia, rimirando quasi, passo passo, sempre nuove scene pittoresche e poetiche, che gli si fanno gradatamente davanti dalla più amena e ridente e, quella più arida e fòsca.

Gli abitanti di questo paese sono quasi tutti improntati da quel tipo maschio che rivela l'uomo meridionale, il vero calabrese.

Le donne sono anch'esse formose, e, dal più al meno, dotate tutte di una bellezza provocante.

Ma tanto gli uomini che le donne, abbiano pure un cuor buono, risenton sempre però, di quell'ambiente caldo in cui vivono, e sono di un carattere eccessivamente focoso.

 

Entro i confini di questo descritto paese, e precisamente in una povera casa di operai, nel 1876 nasceva, dai coniugi Giuseppe Musolino e Giovanna Filastò, un bambino al quale fu imposto il nome del babbo.

Musolino fanciullo

Chi si fosse trovato a Pieve Santo Stefano, dopo undici anni dalla sua nascita, avrebbe visto tutte le sere sull'ora del tramonto questo giovinetto furbo come una volpe, rapido come un daino, in mezzo a tanti e tanti ragazzi, ora a proporre un giuoco ed ora un altro.

Ma il prediletto per lui, era quello Carabineri e Briganti, giuoco che sogliono fare anche i nostri fanciulli, nei pubblici giardini.

– Al tocco a chi deve fare il brigante! – gridava uno.

– Che tocco? il brigante lo fo io – rispondeva subito Musolino.

– Sempre te, non è giusta.

– Pensatela come volete, ma questa parte non la cedo a nessuno.

– Spiegaci almeno il perchè.

– Perchè io sono fra tutti voialtri il maggiore e quello di gamba più lesta.

– Hai più ciarla tu, che un avvocato.

– Avanti, avanti, incominciamo il giuoco! –

Ciò detto, mettevasi ad armacollo un palo che fingeva un fucile, e quindi correva in cerca di un lontano nascondiglio, là aspettando che i compagni lo andassero a scovare.

Infatti, poco dopo, quella compagnia di carabinieri in erba, armati anch'essi di uno schioppo della solita fabbrica d'armi di Legnano, si metteva subito in marcia.

Gira a destra, gira a sinistra, fiuta di qua, fiuta di là, finalmente giungevano a scoprirlo.

– Eccolo là! – gridava uno.

– Piglialo! – rispondeva un altro.

Poi tutti insieme:

– Accerchiamolo! –

Al comando imperioso del capitano dei carabinieri, ecco tutti formare una gran centina e slanciarsi in avanti alla corsa, come cani da caccia dietro la loro preda.

Ma Musolino, nulla curandosi di tanto movimento, intrepido, li attendeva a piè fermo.

Pun-pun! – facevano alcuni con la bocca, spianando i bastoni e fingendo così di far fuoco.

– Arrenditi! – gridavano altri, già prossimi ad agguantarlo. – Intanto devi cadere nelle nostre mani – e ciò dicendo, cercavano di chiudergli il passo.

Ma, vane illusioni! Appena stavano lì per impadronirsene, Musolino, a questo scivolava di mano come un pesce, a quello passava d'accanto con una finta o cilecca da farlo cadere, e apertasi in questo modo una via, correva in cerca di un nuovo e più sicuro nascondiglio.

Che cosa allora avveniva? Che di fronte a tanta sveltezza e furberia, quei poveri ragazzi erano spesse volte costretti a darsi loro per vinti.

Se il caso poi, anche di rado, li favoriva, e riuscivano ad agguantarlo, era tanta la contentezza che ne provavano, che postolo in mezzo, legato come un salame, fingevano di condurlo in prigione.

 

Cresciuto, a poco a poco, Musolino cessò di essere il più vispo fra i giovinetti della Pieve e divenne tosto il più fiero e il più bel giovinotto tra gli uomini del paese.

Di figura slanciata, capello bruno-cresputo, occhi vivaci, naso ben profilato, mento rotondo, giunse facilmente a guadagnarsi l'ammirazione e la simpatia, del sesso femminino, alla qual cosa, molto ci teneva.

Il primo amore di lui fu per una vaga fanciulla di nome Rosalia, la quale venne costretta ben presto a lasciarlo ed a sposarsi, per ragioni di convenienza, ad un benestante del popolo di Santa Eufemia.

Il secondo lo provò per una certa Cata, montanina dei pressi di Aspromonte, con la quale però dovette amoreggiar di nascosto, non volendo i di lei genitori che ella prendesse affezione per un giovane il quale già godeva fama di uomo collerico, arrogante e manesco.

Gli altri amori, poi, che successero a questi, o furono, come suol dirsi, capricci del momento, o tresche continuate con donne di mala vita.

Tra le sue molte favorite si fanno i nomi di una certa Teresa, di una tal Violante, ed infine di una albanese di nome Angiolina.